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05/01/2016| ansa

 

 

Teheran e Riad

 

 

 

 

 

 

E' altissima la tensione  tra Riad e Teheran con l'Arabia Saudita che decide di interrompere le relazioni diplomatiche con l'Iran che promette vendetta per l'esecuzione dell'imam Nimr al-Nimr. "La vendetta divina si abbatterà sui politici sauditi", tuona la Guida suprema Ali Khamenei nel secondo giorno dell'ira sciita contro la monarchia saudita. Parole durissime accompagnate da una immagine più che eloquente: un boia bifronte, una parte vestita con l'abito bianco saudita e l'altro con quello nero di Jihadi John, l'impietoso tagliatore di teste dell'Isis. 
Ma da Riad la risposta è stata pronta: "Il regime iraniano è l'ultimo al mondo che può accusare gli altri di sostenere il terrorismo", ha detto un funzionario del ministero saudita, visto che "sponsorizza il terrore ed è condannato dalle Nazioni Unite e da molti Paesi". Riad interrompe i propri rapporti con Teheran evacuando i propri diplonmatici da Teheran e invitando quelli iraniani a lasciare l'Arabia Saudita entro 48 ore.
Intanto nonostante i circa 50 arresti annunciati dalla magistratura, altre proteste si sono ripetute oggi nello stesso luogo, con scontri e qualche agente ferito. Proteste concluse con un atto simbolico da parte dei manifestanti: una targa nuova, con il nome dello Sheikh Nimr, al posto di quella che indicava Boustan street.
Le autorità iraniane hanno annunciato che per l'assalto all'ambasciata saudita a Teheran sono state arrestate 40 persone. Secondo l'agenzia Isna, il procuratore di teheran Abbas Jafari Dowlatabadi ha detto che "sono in corso indagini per identificare altre persone coinvolte dell'attacco".
Lo Sheikh Al Nimr, che nel 2009 aveva fatto appello alla secessione delle province orientali, ricche di petrolio e dove vive la maggioranza dei due milioni di sciiti del Regno, era stato condannato lo scorso anno da una Corte speciale a Riad per "sedizione" e per avere posseduto armi. Il leader sciita aveva respinto quest'ultima accusa e aveva detto di non aver mai incitato alla violenza. Suo fratello, Mohammad al Nimr, ha riferito che la famiglia è rimasta "scioccata" dalla notizia delle esecuzioni, ma ha fatto appello alla popolazione sciita perché ogni protesta "sia pacifica". Mohammad al Nimr è il padre di Ali, il giovane anch'egli condannato a morte per il quale la comunità internazionale si è mobilitata negli ultimi mesi, ma che non compare nella lista dei giustiziati oggi. Amnesty International ha riferito che Ali al Nimr è stato arrestato nel febbraio del 2012, quando aveva 17 anni, ed è stato condannato a morte per rapina a mano armata e per aver attaccato le forze di sicurezza. Quella di oggi è stata la più grande esecuzione di massa in Arabia Saudita dal 1980, quando vennero messi a morte 63 militanti fondamentalisti per un assalto alla Grande Moschea della Mecca l'anno precedente. Nel 2015 invece, secondo varie organizzazioni per i diritti umani, le esecuzioni nel Regno sono state almeno 157, il numero più alto negli ultimi 20 anni.