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1. Gabriele, ultimamente hai scritto una nota sull’evolaleninismo, da dove ti è venuta l’idea di associare Evola con Lenin, due personaggi che sono agli antipodi?

Lo sono, è vero. Ma io non li ho confrontati tra loro, non li ho colti nella loro opposizione valoriale, mi sono soffermato invece sui loro specifici modi di porsi nei confronti della realtà. Sono due modi molto diversi ma sono entrambi di matrice sia guerriera che filosofica e sono al tempo stesso ideali e pratici.
Per la valenza spirituale, per le concezioni della storia, della materia, della vita, Evola e Lenin rappresentano due poli opposti, è vero. Entrambi però sono inconciliabili con il trasformismo, con il camaleontismo, con il quieto vivere. Insegnano, su piani diversi, sia l’impersonalità che lo spirito di servizio. Evola lo fa sui piani alti, Lenin su quelli bassi. Personalmente mi rifaccio ad Evola e non al bolscevico; però direi che i suoi insegnamenti

 

operativi e metodologici e la sua formazione di quadri rivoluzionari sono esemplari e che dovremmo capitalizzarli anche noi per colmare il grosso gap che ci caratterizza che è rappresentato da un’improvvisazione continua su tutto.
All’estrema sinistra manca spesso la scintilla, lo spirito, l’idea, la vertigine, l’altezza. Negli ambienti nazionalisti c’è però improvvisazione, soggettivismo, rappresentazione superficiale della realtà.
Questo va corretto. Che è come dire che a gente che gioca decentemente a pallone bisogna insegnare lo spirito di quadra,  fornirla di schemi e di tattiche e dotarla di una buona preparazione fisica al fine di renderla competitiva ai massimi livelli.

2. Secondo te è possibile applicare tale termine per analizzare, spiegare e in qualche maniera prevenire la societa attuale?

Perché no? Oltre a essere provocatorio rende l’idea e fornisce anche dei riferimenti concreti e precisi. Anche se non è questione di termini ma di contenuti. Tutte le rivoluzioni nazionali si realizzarono grazie alla psicologia popolare che  sicuramente era reazionaria  ma fu rettificata da capi rivoluzionari  quasi tutti cresciuti a sinistra, a cominciare da Mussolini e Doriot, e comunque mai a destra: neppure Franco proviene di là.
Attenzione però: non sto proponendo un innamoramento della sinistra o il recupero di suoi temi, parole, ragionamenti. Niente di tutto ciò: non ho nulla da copiare o da imitare. La mia provocazione che tira in ballo Lenin va in rotta di collisione con tutti gli innamoramenti e con tutti gli estetismi rossobruni, nazionalbolscevichi e via dicendo che non soltanto non sono evoliani ma non sono neppure leninisti: non sono, infatti, mai realisti, oggettivi, intrisi di volontà di potenza ma puri soggettivismi astratti, un neofascismo terminale che volendosi negare e superare si consolida e si pietrifica in tutte le sue mancanze e nella sua sterilità.

3. Evola parla di “agire senza desiderio”, la non azione. e? da intendersi piuttosto come azione disinteressata, nel senso che l’anima guerriera non è mai immobile anzi egli è sempre attiva, ma non è schiavo delle azioni e non si strugge per i risultati, ma agisce per l’amore dell’azione. Come possiamo applicare tale filosofia, noi che siamo viziati dalla nostra cultura occidentale utilitaristica?
Essendo padroni di se stessi. Un tempo si diceva che si dovesse fare innanzitutto formazione spirituale e poi politica, che ci si dovesse distinguere per stile ed essere esemplari sempre. Da qualche decennio non va più di moda e si vedono i risultati. Da qualche tempo in qua io sto però agendo nuovamente in quella direzione e conto di formare persone che superino il pregiudizio utilitarista ma andando comunque a realizzare cose importanti. Senza esserne schiave né ipnotizzate. Si può, basta essere presenti a se stessi. La nostra fibra, la nostra tempra, lo hanno permesso per millenni e non c’è ragione di abdicare proprio ora.

4. In un epoca come la nostra di grandi cambiamenti e di vuoto spirituale, urge ritrovare lo spirito rivoluzionario sommerso in noi,  abbiamo l’impressione che il “nemico” sia ovunque senza mai farsi realmente vedere. Forse perchè il vero nemico siamo per prima noi stessi? Cosa ne pensi?
E’ così, senza alcun dubbio. E non basta ritrovare lo spirito ed essere padroni di noi stessi, dobbiamo imparare a continuare la lotta in una società ormai liquida e trans-nazionale che non vedrà mai più nulla di quello cui siamo abituati, né in politica né nei modi di convivere della gente. Dobbiamo capire cosa dev’essere una minoranza qualificata, cosa deve fare e come può diventare protagonista della sua era che altrimenti ci sembrerà sempre e soltanto ostile e a nulla servirà attriburne la colpa a questo o quel responsabile perché non sapremo comunque come comportarci.
Tant’è che a questa realtà i nazionalisti oggi oppongono il ritorno al passato o l’intervento salvifico dell’Armageddon: prove evidenti di un disagio e di una non collocazione nel reale.  Anche a questo scopo ho scritto un libro breve, di formazione, L’Europa, recentemente tradotto in francese che si ripromette di disegnare qualche direttrice positiva e d’iniziare un confronto per ridisegnare un’Europa rivoluzionaria, per riattivare focolai, per produrre dei veri e propri Euroschocks.

5. Per finire, è meglio cavalcare la tigre o affrontarla con spregiudicatezza?

Non so se si possa realmente cavalcare una tigre, ma di sicuro non lo si può fare se non la si affronta spregiudicatamente e se non la si doma.
Questo non vale solo per la politica ma per l’esistenza.
Politicamente, la tigre che obbedisce al demone di gravità nicciano, quella dell’utilitarismo economicista e progressista, quella della Grande Madre che divora uomini ed eroi, quella della Società che uccide la Libertà, quella dell’informe che uccide la personalità, da quando esiste non si è mai battuta guardando indietro e cercando di tornare a come si stava prima. Chi lo ha fatto l’ha sempre potenziata pur senza volerlo. La Restaurazione interruppe la rettifica di Napoleone e instaurò la dinastia dei Rotschild. Le destre che si opposero ai fascismi settant’anni fa alimentarono sia le banche che il comunismo. Ogni rettifica è possibile solo cavalcando la tigre e dominandola. Da Cesare fino a Peron è sempre andata così e non potrà mai andare altrimenti.